Horacio Quiroga (nome di battesimo
Horacio Silvestre) nasce il 31 dicembre 1878 nella tranquilla città di Salto, a
500 km da Montevideo (Uruguay). Il padre, Prudencio Quiroga, è viceconsole
argentino in Uruguay e la madre, Juana Petrona Forteza, è una colta e
affascinante signora dell’alta aristocrazia uruguaiana. Horacio è l'ultimo di
quattro fratelli: Pastora, María e Juan Prudencio. Compie i suoi primi studi
nella città natale, con una breve parentesi di due anni al Colegio Nacional de
Montevideo, città nella quale la famiglia si trasferisce a partire dal 1891.
L’indole ribelle – associata a un profondo amore per la
libertà ereditato dalla madre Juana Petrona –spingerà il giovane Horacio ad abbracciare numerosi interessi,
come la fotografia, l’artigianato, la chimica, coltivati con l’ardore di uno
spirito inquieto e ansioso di prendere le distanze dall’asfittico conformismo
della classe media provinciale. Il 14 marzo 1879, di ritorno da una battuta di
caccia, muore Prudencio. La moglie, che era a casa ad aspettarlo insieme ai
quattro figli, aveva assistito impotente alla scena e dalla disperazione il
piccolo Horacio, di appena due mesi, le era caduto dalle braccia. Sarà questo
il primo di una lunga serie di lutti tragici che costelleranno la vita di
Quiroga. A partire da quel momento, la morte sarà inseparabile compagna della
sua vita. Nel 1896, Ascensio Barcos, un argentino con cui la madre si era
risposata nel 1891 e al quale il piccolo Horacio era legato da un tenero
affetto, si toglie la vita sparandosi un colpo alla testa. Sarà lui stesso,
allora diciassettenne, a trovare il cadavere del patrigno.
Il
18 luglio del 1898, con lo pseudonimo di Guillermo Eynhardt, pubblica su “Gil
Blas” la poesia modernista Helénica. Sempre nello stesso anno conosce il
suo primo amore, María Esther Jurkovski, a cui si ispirerà nella scrittura di Las sacrificadas e Una estación de amor. Nel 1899 fonda la “Revista de Salto.
Semanario de Literatura y Ciencia”, manifesto locale del modernismo[1].
Il
30 marzo del 1900 Quiroga si imbarca per l’Italia, con destinazione Parigi. Il soggiorno
nella capitale francese, culla della cultura europea, rappresenta una tappa
obbligata per qualunque ragazzo di buona famiglia. Horacio si appresta a
varcare l’oceano, vestito alla maniera di un dandy, ansioso di respirare
il fervore intellettuale di Parigi, il suo cosmopolitismo, e di lasciarsi
finalmente alle spalle l’abulica provincia uruguaiana. Il ricordo delle prime
letture, Verlaine e Poe, gonfia la sua eccitazione.
A
Parigi Quiroga conosce Rubén Darío, Manuel Machado e lo scrittore guatemalteco
Enrique Gómez Castillo. Ciononostante il soggiorno parigino, che durerà pochi
mesi, si rivelerà un totale fallimento. “La patria está donde se vive bien”
scriverà più tardi, alludendo alla delusione per un’Europa ammaliante ma
patinata.
Tornato
da Parigi, pubblica con lo pseudonimo di Aquilino Delagoa i racconti Ilusoria
más enferma e Sin razón, pero cansado, che gli varranno un premio nel
concorso letterario organizzato dalla rivista “La Alborada”. Installatosi a
Montevideo dove, fra le altre cose, parteciperà alla creazione del Consistorio
del Gay Saber –formato da giovani intellettuali ansiosi di “giocare con la
rima, l’allitterazione, la metrica, la semantica, attaccando senza rigore ma
con brio un territorio inesplorato del linguaggio...” – nel 1901 fa
uscire il suo primo libro, Los arrecifes de coral, dedicato all’amico e
scrittore Leopoldo Lugones.
Ma
il 5 marzo 1902 è di nuovo la morte a bussare alla sua porta, questa volta con
una brutalità che lascia presagire la mano tragica del destino. Mentre sta
pulendo la pistola con cui l’amico Federico Ferrando dovrà battersi a duello,
parte incidentalmente un colpo che ferirà quest’ultimo a morte. Horacio è
sconvolto: ancora una volta la trama oscura della sua vita lo mette in
ginocchio. Fugge da Montevideo e si trasferisce a Buenos Aires, dove, ospite
della sorella, trova lavoro come insegnante. In questo periodo pubblica vari
racconti su “El Gladiator”.
Con
l’uscita di El crimen del otro, definito da Lugones “la primera prosa
intelectual del Plata”, si chiude per lo scrittore l’esperienza modernista.
Nel
settembre 1903 partecipa, insieme a Leopoldo Lugones, a una spedizione nella
provincia di Misiones, nel nord-est argentino, in piena selva tropicale. La
spedizione, finanziata dal ministero dell’Educazione, ha lo scopo di studiare
le rovine di alcune missioni gesuitiche. L’ambiente aspro e selvaggio e la
natura incontaminata di quei luoghi lo colpiscono prepotentemente. Decide
quindi di acquistare dei terreni per dedicarsi alla coltivazione del cotone ma
l’impresa fallisce. Nel 1905 pubblica Los perseguidos e il racconto Europa
y America sulla prestigiosa rivista letteraria “Caras y Caretas” che, a
partire dall’anno successivo, ospiterà alcuni suoi racconti ambientati nella
selva, come La insolación (1908), una delle sue migliori
creazioni. Nel 1908 fa la sua comparsa anche il romanzo breve Historia de un
amor turbio, scritto nel 1905 insieme a Los perseguidos.
Dopo
il fallimento dell’impresa cotoniera, acquista un terreno per la coltivazione
di yerba mate: 185 ettari in
prossimità di San Ignacio, sul fiume Paraná. Qui costruisce la sua abitazione, un
bungalow composto di due stanze che sarà lui stesso a edificare, con l’aiuto
dei peones. Quella “casetta
inospitale ma che domina un panorama magnifico” diventerà il suo santuario,
dove rifugiarsi dai continui spostamenti e in cui trovare conforto di fronte a
una vita mai generosa. Sempre qui conoscerà numerosi braccianti, cacciatori,
contadini sfruttati, che la sua penna trasformerà in altrettanti personaggi
letterari. La selva è il luogo ideale per il suo carattere stravagante e la sua
insondabile inquietudine. Quiroga va a caccia, impaglia animali, va in
bicicletta e in moto, costruisce mobili, colleziona manuali, si interessa di
meccanica, alterna le riunioni al caffè Toyo a lunghe sessioni solitarie nel
laboratorio della casa di Vicente López. Sarà lui stesso, qualche anno più
tardi, a foderare uno degli esemplari di Anaconda
con pelle di serpenti catturati nella selva.
Nel
1910, anno del definitivo trasferimento a San Ignacio, muoiono i due fratelli
Pastora e Prudencio e il 14 dicembre 1915 la giovane moglie, che aveva sposato l’anno
prima, Ana María Cirés, madre di Eglé e Darío, si suicida ingerendo una dose
letale di veleno. Dopo la morte della moglie decide di tornare a Buenos Aires
per tentare la fortuna con i suoi racconti e, a partire dal 1916, inizia a
collaborare con i maggiori quotidiani e riviste bonaerensi: “Plus Ultra”,
“Mundo Argentino”, “El Hogar”, “La Nación”, “Atlántida” e “Caras y Caretas”. Nel
1917 pubblica Cuentos de amor de locura y de muerte, che ottiene subito un grande
successo. L’anno successivo è la volta di Cuentos de la selva, dedicati
ai due figli.
Dal
1917 al 1932 lavora come funzionario consolare a Buenos Aires ma torna spesso
alla tenuta di Misiones. A partire dal dicembre 1919 si occupa della sezione Los estrenos cinematografícos su “Caras
y Caretas”. Nel 1920 esce El salvaje e, sempre nello stesso anno, l’opera
drammatica Las sacrificadas. Il 1921 è l’anno di Anaconda, raccolta che prende il titolo dal più famoso
dei dieci racconti in essa contenuti e in cui l’eterna lotta tra uomo e natura,
tra civiltà e barbarie, viene raccontata dall’autore attraverso l’epopea di alcune
yararás (vipere dell’Amazzonia) e altri serpenti, costretti a “sommare
l’intelligenza della specie” per far fronte al comune nemico che minaccia la
selva e i suoi abitanti: l’Uomo.
Nel
1925 viene data alle stampe l’antologia La gallina degollada y otros cuentos.
L’anno dopo è un anno chiave nella sua vita di scrittore. La rivista e casa
editrice Babel pubblica un numero monografico a lui dedicato, dal titolo: Horacio Quiroga, el primer cuentista en
lengua castellana. La stessa casa editrice pubblica nello stesso anno Los
desterrados, unanimemente considerato dalla critica il suo libro migliore. Nel
1927 la rivista “Caras y Caretas” gli affida una serie di “Biografie esemplari”
su Scott, Pasteur, Fulton, Wells, de Quincey, Condorcet ecc. Due anni più tardi
esce il romanzo Pasado amor, che racconta dell’amore infelice di Quiroga
per la diciassettenne Ana María Palacio, con la quale visse una appassionata
avventura nel 1925.
Nel
1932 si trasferisce definitivamente a Misiones, a causa di problemi coniugali
con la seconda moglie María Elena Bravo, con cui era convolato a nozze nel 1927.
L’unione tra i due durerà poco e la donna, insieme ai figli, lascerà definitivamente
Misiones nel 1936. Nel 1935 esce il suo ultimo libro Más allá.
Per
Quiroga inizia un periodo molto difficile e la sua vena artistica sembra stare
esaurendosi. Tuttavia intrattiene una fitta corrispondenza con gli amici E.
Payró, Asdrúbal E. Delgado, José María Delgado, José María Fernández Saldaña,
César Tiempo e Ezequiel Mártinez Estrada.
Costretto
a recarsi a Buenos Aires a causa dell’aggravamento delle sue sempre precarie
condizioni di salute, Quiroga decide di circondare la sua vita di un silenzio
interrotto solo dal racconto La tragedia de los ananás, pubblicato su
“La Prensa” un mese e mezzo prima della sua morte.
Diagnosticatogli
un cancro incurabile, Quiroga scelse di non aspettare la morte ma di andarle
incontro, per l’ultima volta, faccia a faccia. Il 19 febbraio 1937 il suo corpo
senza vita viene ritrovato nella stanza d’ospedale dove era ricoverato. Una
dose letale di cianuro aveva posto fine alla vita del “poeta della selva”,
colui che ha saputo, con la sua prosa asciutta e imperfetta, raccontare “i
margini”, i luoghi selvaggi dove le regole sono sovvertite e dove non è
possibile alcuna purezza, nella vita come nella scrittura.
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