Esce in questi giorni una ricca e documentata biografia di Luigi Galleani, una delle figure più influenti dell'anarchismo in lingua italiana. A scriverla è Antonio Senta, studioso da anni di queste tematiche - ha curato per Nova Delphi Ribelli in paradiso di Paul Avrich - mentre l'introduzione è firmata da Sean Sayers, nipote di Galleani. In questa sede vi presentiamo un breve estratto iniziale dell'introduzione:
"Sono
il
nipote
di
Luigi
Galleani,
era
il
padre
di
mia
madre.
Non
l’ho mai conosciuto,
è
morto
ben
prima
che
io
nascessi.
Mia
madre
mi
ha
raccontato
poco
di
lui.
Non
che
fosse
restia
a
parlarne,
ma
lo
faceva
solo
se
le
veniva
chiesto;
e,
con
l’arroganza
della
giovinezza
e
mio
enorme
rammarico,
non
le
ho
domandato
spesso
di
parlarmi
di
lui.
Perciò
da
giovane
non
avevo
che
una
vaga
consapevolezza
della
sua
vita
e
di
quello
che
aveva fatto, ed
è
stato
soltanto
dopo
la
morte
di
mia
madre
che
ho
cominciato
a
interessarmene.
Quando
ho
iniziato
a
indagare
la
storia
della
mia
famiglia,
il
primo
passo
è
stato
cercare
su
internet
qualche
informazione
che
lo
riguardasse.
Sono
rimasto
stupefatto
nello
scoprire
un’enorme
mole
di
materiale
e
nel
realizzare
che
persona
importante
fosse
stata
e
che
vita
straordinaria
avesse
condotto.
Come
scrive
Antonio
Senta
in
queste
pagine,
Luigi
Galleani
nacque
nel
1861 a
Vercelli,
uno
dei
quattro
figli
di
una
rispettabile
famiglia
cattolica
della
classe
media.
Suo
padre
era
insegnante
di
scuola
elementare.
Già
durante
la
sua
giovinezza
Luigi
si
dimostrò
una
persona
dalla
mente
indubbiamente
vivace
e
indipendente.
Secondo
la
vulgata familiare,
fu
spinto
dal
padre
contro
la
sua
volontà
a
studiare
legge
all’Università
di
Torino,
ma
non
si
laureò
mai,
poiché
all’epoca era già attivamente
impegnato
nell'attività
politica.
Divenne
un
attivista
di
spicco
sia
nell’Italia
del
nord-ovest che nella zona della Lunigiana,
intorno
a
Carrara.
Una
serie
di
scioperi
e
manifestazioni
promossa
dai
cavatori
era
stata soffocata
dal
governo
attraverso
una
brutale
repressione
militare.
Per
evitare
l’arresto,
Galleani
fuggì
in
Francia,
ma
da
lì
venne
espulso
e
così
si
spostò
in
Svizzera.
Al
suo
ritorno
in
Italia
fu
arrestato
e
accusato
di
“cospirazione”
insieme
ad
altre
trentacinque
persone,
ai
sensi
dell’articolo
248 del
Codice
Zanardelli,
e
condannato
a
tre
anni
di
reclusione.
Dalla
prigione
fu
spedito
direttamente
al
confino
sulla
piccola
e
inaccessibile
isola
di
Pantelleria,
tra
la
Sicilia
e
la
Tunisia.
Pantelleria,
oggi
meta
di
vacanze,
negli
anni
novanta
dell'Ottocento,
quando
Galleani
era
in
esilio,
si
presentava
come
un
luogo
povero,
squallido
ed
estremamente
remoto.
Era
questa
la
peggiore
delle
punizioni:
i
prigionieri
si
chiamavano
tra
loro
“i
morti”* in
un
giornale
con
lo
stesso
titolo
che
erano riusciti
a
contrabbandare.
Tra
gli
articoli
del
giornale
ce
n’era uno scritto
da
mio
nonno
dal
titolo
latino
Manet immota fides,
che
sta
per
“la
fede
resta
immutata”
(era
un
appassionato
di
citazioni
latine).
Questo
divenne
il
suo
motto.
Sull’isola di Pantelleria
conobbe
una
giovane
donna
di
nome
Maria
Rallo,
appartenente
a
una
famiglia
locale,
che,
diceva
mia
madre,
possedeva
della
terra
coltivata
a
vigna.
Quando
si
conobbero,
Maria
era
già
vedova
con
un
figlio
e
una
figlia
neonata.
Iniziarono
una
relazione
e
Maria
sarebbe
poi
diventata
mia
nonna.
Poi
Galleani
riuscì
a
fuggire.
Secondo
mia
madre,
la
famiglia
di
lei
lo
aiutò
a
procurarsi
una
piccola
barca,
a bordo della
quale
fece
la
pericolosa
traversata
fino
alle
coste
della
Tunisia.
Da
lì
riuscì
a
spingersi
fino
ad
Alessandria
d’Egitto,
dove
fu
raggiunto
da
Maria
e
dai
suoi
due
figli
(Salvatore
Errera
e
Ilia).
Maria
era
allora
incinta
di
otto
mesi
e
mezzo
di
un’altra figlia
(Cossyra).
In
Egitto
furono
minacciati
di
essere
rimpatriati
in
Italia.
Perciò
nel
1900, passando
per
Londra,
la
famiglia
giunse
negli
Stati
Uniti,
dove
Galleani
era
stato
invitato
a
ricoprire
il
ruolo
di
caporedattore
di
“La
Questione
Sociale”,
il
maggiore
giornale
anarchico
italo-americano
del
tempo,
con
sede
a
Paterson,
nel
New
Jersey (...)."
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