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mercoledì 12 giugno 2019

Tradurre George Gissing

Prefazione di Susan Bassnett, docente di Letterature Comparate all'Università di Glasgow ed esperta in teoria della traduzione, al volume "Racconti americani" di George Gissing (Nova Delphi 2019).


Il racconto breve, come genere, ha goduto di alterne fortune, con lettori che hanno risposto con entusiasmo, in determinate culture e determinati frangenti, mentre in altri momenti e luoghi ne sono stati meno attratti. Oggigiorno, per esempio, è evidente come, laddove il racconto rimane popolare presso i lettori americani, esso abbia meno successo presso i lettori britannici, che continuano a preferire il romanzo. Vi sono, naturalmente, fattori di ogni sorta coinvolti in queste oscillazioni, incluse le modalità di pubblicazione, di commercializzazione, e la presenza o meno di una tradizione consolidata, per quanto sia anche rilevante il fatto che un particolare autore diventi popolare principalmente come romanziere oppure come autore di racconti. Alcuni riescono a districarsi tra le due forme, mentre altri hanno meno successo in questo senso, ed è possibile constatare come scrittori diversi in momenti diversi della propria carriera abbiano provato a concentrarsi sull’una o sull’altra.
George Gissing è fra coloro che, pur essendo noti soprattutto come romanzieri, si sono anche cimentati con il racconto breve. Ma Gissing è un caso alquanto singolare, essendo uno scrittore che ha goduto di una fama altalenante sin dai suoi esordi editoriali. La sua vita privata fu caotica e travagliata, e fu durante il periodo giovanile dell’esilio statunitense che cominciò a scrivere racconti per il “Chicago Tribune” nel tentativo di guadagnarsi da vivere. Si potrebbe dire che si sia fatto le ossa su quelle storie, con meno successo, da principio,
come romanziere (ai suoi romanzi di gioventù fu talvolta negata la pubblicazione), fino a che New Grub Street, che uscì nel 1891, gli conferì una notorietà che sarebbe durata fino alla morte, nel 1903. Questo volume è una raccolta di venti fra i racconti brevi scritti da Gissing
durante il periodo americano, a New York e Chicago. Il compito di tradurre uno scrittore come Gissing (come qualunque altro, per la verità) non è affatto lineare.
Innanzitutto, il suo stile si è sviluppato nell’arcodi quasi tre decenni di scrittura, nonostante lo si veda generalmente come un realista alla maniera di Émile Zola. Come sottolineato dai suoi traduttori italiani, la scrittura di Gissing contiene alcuni radicali cambi di registro, che scivola dal linguaggio colloquiale agli arcaismi, il che significa che ai traduttori spettano decisioni difficili per rendere in italiano il suo inglese idiosincratico.
Inoltre, quel che i lettori avrebbero trovato accettabile cent’anni fa è molto diverso dal modo in cui reagiscono i lettori contemporanei. I traduttori devono elaborare delle strategie che aiutino i lettori italiani di oggi a capire qualche cosa riguardo al perché il lavoro di Gissing avesse assunto rilevanza per i contemporanei, senza ‘modernizzare’ oltre misura la lingua che usano.
Tradurre significa prendere decisioni. Il mito secondo il quale chiunque possa tradurre purché provvisto di un buon dizionario è privo di senso. I traduttori sono innanzitutto lettori e la traduzione è quindi il segno tangibile di tale lettura. Se dieci traduttori si cimentano
con il medesimo testo, vi saranno variazioni sia di stile che di interpretazione, perché ciascun traduttore deve decidere come rendere ciascuna locuzione. I traduttori di questo volume hanno chiaramente optato per un approccio collaborativo, che evita che la voce di uno emerga come quella dominante. Il dilemma con cui tutti i traduttori si confrontano è la misura in cui essi si sentono in grado di rielaborare la lingua dell’originale per andare incontro alle necessità di chi legge, combinata alla preoccupazione di fare in modo che la voce dell’autore si faccia in qualche modo sentire.
Un ulteriore problema è che la lingua evolve molto rapidamente, cosicché l’inglese utilizzato da Gissing non è l’inglese in uso oggi, specialmente nei contesti popolari nei quali Gissing ambienta molti dei suoi scritti. Colloquialismi e slang evolvono più rapidamente del linguaggio letterario, quindi un autore che combini differenti varietà linguistiche è più difficile da tradurre. Soprattutto, un traduttore di qualsiasi testo in prosa, sia esso un
romanzo o un racconto, deve aspirare alla leggibilità, e questo significa addomesticare il testo per assicurare che il lettore non sia sviato da incongruenze linguistiche.
I racconti contenuti in questa raccolta furono scritti quando Gissing era molto giovane – poco più che ventenne – e per un pubblico ampio. C’è molto dialogo, le storie non sono sofisticate in termini di struttura e, a tratti, le ambientazioni sono molto esplicitamente inglesi, senza dubbio per far presa sui lettori americani interessati ad apprendere qualche cosa delle isole britanniche.
Ma la semplicità può ingannare; uno scrittore apparentemente ‘facile’ può presentare enormi problemi per il traduttore, come nel caso delle traduzioni degli apparentemente semplici poemi francesi di Jacques Prévert. Gissing in queste prime storie stava affinando la propria tecnica, stava imparando a scrivere, e questa esperienza sarebbe stata alla base del suo passaggio al romanzo, qualche anno dopo. I traduttori quindi hanno anche il compito di sforzarsi di conservare almeno un accenno all’inesperienza di Gissing.
La traduzione è sempre un’attività stratificata. Vi sono gli elementari problemi linguistici da risolvere, sulla base dei quali si vanno cercando equivalenti linguistici; vi sono poi questioni stilistiche, quali l’uso di particolari espressioni e forme da parte di uno scrittore, e qui la nozione di equivalenza comincia a slittare, così che i traduttori possono trovarsi a puntare a quel che è stato definito da alcuni ‘effetto di equivalenza’, il quale può essere ben lontano dall’equivalenza linguistica. Inoltre, vi sono questioni di contesto: un autore scrive in un particolare contesto, in un particolare momento culturale, tuttavia il traduttore lavora in un momento culturale completamente diverso, dove qualsivoglia nozione di equivalenza crolla. I lettori nell’Italia del ventunesimo secolo sono lontani anni luce dai lettori americani e inglesi del tardo Ottocento: come è possibile, dunque, produrre una traduzione che faccia al caso di questi nuovi lettori, rendendo al contempo giustizia al Gissing scrittore del suo tempo?
C’è da aspettarsi che questa raccolta dia ai lettori italiani odierni un assaggio di chi fosse Gissing e di come avesse acquisito notorietà nonostante una turbolenta vita privata. È un’impresa coraggiosa che merita la massima attenzione.

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