Cerca nel blog

giovedì 4 luglio 2019

"Con le migliori intenzioni. Una bomba a san Pietro", alcune considerazioni e qualche ringraziamento

L'autore Enzo Di Brango con il suo nuovo libro

“Quando c’era lui i treni arrivavano in orario!” Quante volte abbiamo ascoltato questo adagio nazionalpopolare coniato per incensare la figura dell’uomo che ha determinato le sorti di un intero popolo per venti lunghi anni nella prima metà del secolo scorso? Le persone con un minimo di buonsenso sono perfettamente consce che non è dalla puntualità dei treni che si può giudicare l’efficienza dei governi e la corrispondenza delle loro azioni alla volontà popolare.
Come non sono validi strumenti di misurazione della qualità della vita il PIL, lo spread o altre diavolerie di cui sentiamo incessante il martellamento nelle orecchie ogni volta che si prova ad ascoltare un telegiornale. Almeno nei periodi nei quali le leve di comando sono nelle mani di soggetti non graditi all’establishment che sta tentando di ingabbiare il mondo.
Fortunatamente del fascismo, del suo delirio e del catastrofico epilogo della sua vicenda, molto si è detto, ma, forse, non è stato sufficiente se è vero, come è vero, che da più parti cresce un insulso e sciagurato rimpianto per la “regolarità del traffico ferroviario”.
Questo romanzo vuole raccontare la quotidianità italica degli anni trenta, quando non erano molti i cittadini che si servivano del treno e ancor meno erano quelli che facevano attenzione alla puntualità: spesso non potevano permettersi nemmeno un orologio. Siamo nella Roma fascista, tra il 1932 e il 1934, quando tre improvvisati attentatori fanno esplodere un ordigno di modeste dimensioni nel pronao della basilica di San Pietro. Il regime si era già consolidato al potere, abolendo i partiti concorrenti, impossessandosi di tutte le sedi di potere ufficiali, occupando militarmente la stampa, ridotta a grancassa del duce e dei suoi accoliti. Quella che era stata una politica di reazione al Biennio rosso, una politica modellata ad arte sulle pur coerenti recriminazioni dei reduci ai quali si offriva come panacea di tutti i mali un nazionalismo estremista, aveva avuto la meglio sui diritti e sulle libertà collettive.
Sembra di rivivere quei primi tempi, a distanza di appena un secolo. Al nazionalismo classico è stato assegnato un neolemma moderno: sovranismo; lo squadrismo verbale è ritornato in auge nei talk show, lo squadrismo fisico è esercitato quotidianamente contro migranti e altri diseredati, senza escludere l’universo femminile sempre più ricacciato nel ruolo di complementarietà dell’uomo, pena la soppressione fisica se solo prova a rivendicare il diritto a esistere in termini autodeterminanti. 
L’evento descritto in questo libro (cfr. Fra le righe, carteggio fra Carlo Rosselli e Gaetano Salvemini, a cura di Elisa Signori, Franco Angeli, Milano 2009, pp. 301 e ss.) è stato ricostruito basandosi sulle deduzioni che Gaetano Salvemini formula dopo aver ricevuto notizia del suo coinvolgimento, ossia che l’attentato, benché ideato dagli esecutori, sia stato, in qualche modo, incoraggiato dai vertici del fascismo e congegnato dalla Polizia politica con il supporto dei fiduciari e dei confidenti, soprattutto quelli operanti a Parigi. Partendo dalle predette deduzioni, i personaggi che nel romanzo agiscono a Roma, per quanto riguarda i vertici della Polizia, sono quelli effettivamente in servizio all’epoca dei fatti; così come gli agenti dell’Ovra operanti a Parigi sono stati, anche se è stato impossibile individuarli direttamente dalla documentazione consultata, selezionati dall’elenco ufficiale consultabile nel volume di Mauro Canali Le spie del regime (il Mulino, Bologna 2004). Per la ricostruzione storica, tra i vari volumi consultati, ritengo doveroso citare, oltre al prezioso testo del professor Canali, quello di Mimmo Franzinelli: I tentacoli dell’Ovra (Bollati Boringhieri, Torino 1999). Pur basandosi sulle fonti raccolte all’Archivio Centrale dello Stato e su numerosi testi, tra i quali quelli già citati, il racconto non può essere considerato una ricostruzione ufficiale, né può aggiungere ulteriori elementi ai fatti così come già si conoscono.
Per le ricerche d’archivio, un grazie riconoscente al personale dell’Archivio Centrale dello Stato, dell’Emeroteca della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea e all’amico e sodale Valentino Romano che, disinteressatamente e con totale disponibilità, mi ha facilitato il compito di ricerca, consultando con me i documenti disponibili nei vari fondi di riferimento.
Un grazie di cuore alla professoressa Francesca Lardaruccio, prima lettrice delle bozze e generosa dispensatrice di suggerimenti.
Last but no least, ringrazio l’editore che, pur trovandosi di fronte a una storia minore, di quelle che stentano a imporsi a un interesse di massa, ha dato modo alle mie fatiche di concretarsi in questo volume, dibattendone anticipatamente gli aspetti editoriali e le intenzioni (queste sì migliori!) comunicative. Credo di aver scritto in chiave antifascista, non per contrapposizione ma per narrazione, valutando molteplici aspetti e non “l’orario dei treni”, conscio che il tema, l’antifascismo appunto, non possa essere considerato un valore sorpassato, un orpello da eliminare. L’amore, la convivialità, il lavoro e ogni altro aspetto presente nel romanzo, richiamano l’attenzione alla vigilanza antifascista per ammonirci che, andando avanti di questo passo, corriamo il serio rischio di ritrovarci nelle medesime, sciagurate condizioni.

                                                                                                             Enzo Di Brango

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.