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giovedì 22 agosto 2019

"Adesso posso scegliere", note a margine di un libro

Nadia Angelucci all'anteprima del volume
Qualche anno fa, a Montevideo, chiacchieravo con una cara amica: una donna della mia età, famiglia di classe media che durante gli anni della dittatura era rimasta in silenzio, una storia di vita che non era arrivata mai a toccare da vicino le atrocità dei regimi militari degli anni settanta. 
Mi disse: “Quando è finita la dittatura siamo rientrati a scuola, subito dopo che la democrazia era tornata, e ho trovato altri professori; anche i libri di testo sui quali avevo studiato fino a quel momento non erano più gli stessi. E non era più lo stesso neanche il contenuto e la forma con cui i vari argomenti venivano spiegati. A sedici anni ho dovuto ricominciare a imparare e ho capito che ciò che avevo studiato fino a quel momento si poggiava su basi sbagliate. È stato come rimettere in discussione tutta la mia vita.” Dato che in molti anni di amicizia non si era mai lasciata andare a confidenze su quel periodo, il suo breve racconto risultò ancora più prezioso per me, avida di storie su quegli anni. Quella piccola rivelazione sulla scuola e i suoi sedici anni hanno cominciato a scavare e ho iniziato a guardare le persone intorno a me da quel punto di vista: non c’erano solo i desaparecidos, i prigionieri politici, gli esuli, le madres e le abuelas. C’erano anche i figli e le figlie e, spesso, non tanto le loro storie quanto il loro vissuto di bambini e adolescenti e la costruzione delle loro identità, erano stati messi da parte. È stato sempre in quel periodo che ho avuto tra le mani Con un piede impigliato nella Storia, il bel libro di Anna Negri, figlia di Toni, leader storico di Autonomia operaia. E pochi mesi più tardi ho conosciuto Matilde, una delle protagoniste di questo libro. Con Mariana O., invece, era già da tempo che ci confrontavamo su questi temi. Questo libro dunque nasce così. Dalla volontà e dal desiderio di andare a guardare nelle storie delle persone della mia generazione e capire come la Storia, attraverso i piccoli e grandi avvenimenti che la compongono, avesse travolto anche quelle piccole vite. La stesura di queste pagine ha impiegato un tempo lunghissimo durante il quale ci sono stati molti dubbi e ripensamenti, e durante il quale altri progetti hanno preso il sopravvento. La storia dei bambini e delle bambine delle dittature però non mi lasciava, e mentre rincorrevo altri piani, continuavo a studiare e a realizzare interviste. 
Nel corso degli anni grazie ai viaggi in America latina, e grazie al processo Plan Cóndor in corso a Roma dal 2015 che ha portato a testimoniare parecchi protagonisti di quegli anni, ho accumulato molto materiale. Decidere quali storie avrebbero fatto parte del libro e quali ne sarebbero state escluse è stato difficile per le implicazioni relazionali che si erano stabilite durante le interviste. Ma è stato nello stesso tempo molto semplice perché non era possibile narrare se non a partire da un riconoscimento reciproco che può generarsi solo dal desiderio e dalla verità. 
La fase della scrittura invece è scaturita da una riflessione che è necessariamente dovuta partire da me, per tentare di comprendere come sarei potuta riuscire a realizzare ciò che più mi stava a cuore e cioè l’unicità dell’esperienza e dell’identità personale delle mie protagoniste. Ho scelto di ripercorrere le storie attraverso una narrazione più letteraria che giornalistica o storica, rimettendo al centro la persona, il suo vissuto, l’irripetibilità dei sentimenti, le piccole cose apparentemente inutili, e dirigendo la narrazione sul piano dell’accaduto e del reale invece che dell’universalità astratta. Ho voluto condurre il lettore in una dimensione narrativa e letteraria fino ad accompagnarlo alla reale biografia delle protagoniste che rivela la realtà. 
Ho amato intensamente le mie ‘eroine’ che, in questi anni, ho sentito vicine anche nei periodi di non scrittura e che mi hanno accompagnato come sorelle. Ciò che rende speciali per me questi racconti è la presenza luminosa di queste donne che hanno saputo reinventare le loro vite e trasformare il mondo intorno a loro. (...)

                                                                                                                            Nadia Angelucci

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