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lunedì 2 maggio 2016

ARGENTINA 1976-1983. IMMAGINARI E MEMORIE COLLETTIVE.

I rapporti tra Italia e Argentina sono di lunga durata e hanno raggiunto momenti di alta intensità a partire dalla seconda metà del XIX secolo con l’emigrazione di massa, le cui culture regionali hanno influenzato, non senza conflitti, usi, costumi, tradizioni, lingua, nonché l’evoluzione sociale, economica e politica della realtà argentina. Di questi rapporti in Italia hanno dato soprattutto conto la saggistica e gli studi sulle migrazioni che ne hanno analizzato anche le influenze in ambito letterario.
Ma negli ultimi venti anni, la cultura italiana ha manifestato un nuovo interesse per la realtà argentina riportando in primo piano un dialogo ricco di avvenimenti, figure, simboli, finzioni e idee tra i due paesi. Le cause sono molteplici e tutte extraletterarie: la discussione politica sul voto degli italiani all’estero; la crisi economica argentina esplosa alla fine del 2001, che ha determinato un’emigrazione di ritorno dei discendenti di italiani; la scomparsa, durante l’ultima dittatura argentina (1976-1983), di uomini e donne di origine italiana e la celebrazione nella nostra penisola, ancor prima dell’abolizione delle leggi argentine sull’indulto (2003), di processi giudiziari contro i militari. Ultima e più recente causa, che non va ignorata, la salita al soglio pontificio di un Papa argentino e discendente di italiani.
Questo rinnovato dialogo, senza tralasciare il tema migratorio che evidentemente fa da ponte tra i due paesi, ha acquisito un nuovo stimolo per la cultura italiana che si trova ora impegnata a rappresentare il periodo argentino del terrorismo di stato e quello iniziato con il ritorno alla democrazia. A quaranta anni dal colpo di stato, avvenuto il 24 marzo 1976, questo volume intende dare conto del contemporaneo immaginario italiano sull’Argentina relativamente agli anni della dittatura e della post-dittatura, verificandone, le ragioni, gli usi ed eventuali ri-creazioni o riletture di immagini e stereotipi.
Se a farla da padrone è la narrativa italiana più recente, con saggi dedicati al fenomeno letterario in ottica testimoniale (Emilia Perassi); ad autori specifici (Laura Scarabelli su Laura Pariani); a una musica e danza di successo inserita nel plot dei romanzi (Camilla Cattarulla sul tango), pure non mancano contributi che affrontano altre modalità artistiche in relazione alla dittatura, come la fiction televisiva (Ilaria Magnani su Il ricordo e la memoria e Tango per la libertà); la docufiction (Rosa Maria Grillo sul lungometraggio Nora, storia del ritorno in Argentina dalla Calabria, dove si era esiliata, di Nora Strejilevich, ex-prigioniera politica); e l’arte figurativa (Antonella Cancellier su Marcello Gentili, avvocato penalista impegnato nei processi italiani sui desaparecidos). La produzione artistica italiana si inserisce nel dibattito sulla memoria della nazione, la storia recente e la difesa dei diritti umani che ha caratterizzato la realtà argentina post-dittatura, coinvolgendo accademici, scrittori, politici, storici, sopravvissuti ai centri di detenzione, famigliari di desaparecidos, organizzazioni per i diritti umani ed esiliati. E si inserisce anche nella discussione sulla figura del testimone, già collocato dagli studi sulla biopolitica di Giorgio Agamben e Roberto Esposito in una posizione di “soglia”, e che l’immaginario può restituire attraverso quei simulacri del reale che le sono propri. In questo senso, all’interno del volume, il saggio d’apertura di Emilia Perassi fa da filo conduttore metodologico per tutti gli altri – pur con gli approcci diversi che li contraddistinguono –, proponendo l’istituzione di una nuova pratica testimoniale che definisce “testimonianza ricreata”, ovvero un “tassello ulteriore di una memoria collettiva definitivamente transnazionale e deterritorializzata, istallata nella topografia immateriale del ricordo” Nel “ricreare” una testimonianza relativa alla dittatura e alla post-dittatura argentina, la produzione artistica italiana qui presentata mantiene il legame con il paese sudamericano attraverso le vicende raccontate, i loro personaggi o situazioni autobiografiche proprie degli autori. Allo stesso tempo, presenta una mitologia che poco si discosta dall’immaginario consolidato e sulla dittatura e sugli aspetti culturali argentini. Appartengono al primo caso: la pratica del sequestro degli oppositori al regime con tutto ciò che ne consegue (detenzione, tortura, desaparición), i figli “appropriati”, la ricerca di scomparsi e nipoti da parte dei famigliari, l’esilio e il ritorno. Nel secondo caso, rientrano invece il tango, la Patagonia, la pampa, l’asado, il mate, i ghiacciai: una serie di “icone turistico-culturali” allo scopo, forse, di contribuire alla conoscenza dell’Argentina in Italia. Non va dimenticato, poi, che dietro questa produzione artistica che, come si potrà notare leggendo il volume, negli ultimi anni sta diventando un “piccolo fenomeno culturale”, ci sono letture sull’Argentina e sul periodo del terrorismo di stato che appartengono più all’ambito saggistico, prodotte da storici, sociologi o giornalisti. Fra le tante, pubblicate nell’arco degli ultimi quindici anni, voglio ricordare un testo più volte citato all’interno di questo volume: Affari nostri. Diritti umani e rapporti Italia-Argentina 1976-1983 (2012), curato da Claudio Tognonato, che ci offre un quadro delle relazioni culturali, politiche, economiche e commerciali fra Italia e Argentina, svelandone fatti, silenzi e complicità. E poi ci sono, come già accennato, le vicende autobiografiche degli autori presi in esame, come ad esempio quelle di Massimo Carlotto, che scopre di essere cugino di Laura Carlotto, figlia desaparecida de María Estela de Carlotto, Presidente delle Abuelas di Plaza de Mayo; o quelle di Marcello Gentili, avvocato penalista che ha dedicato molta della sua attività giuridica a patrocinare i famigliari degli scomparsi nei processi italiani contro i militari. E autobiografico è anche, in chiusura di questo volume, il contributo di Adrián Bravi, scrittore argentino di origini italiane, che vive da oltre vent’anni a Recanati e pubblica prevalentemente in italiano. Nell’affrontare il tema della lingua come difesa, Bravi delinea un breve ritratto di Adelaida Gigli, madre di due figli desaparecidos, poi esiliatasi a Recanati, dove era nata. Il passaggio da una lingua all’altra ha caratterizzato la vita di Bravi e di Gigli e permette di modificare la propria relazione con il paese d’origine perché “può diventare una difesa nei confronti del passato, può dimenticarlo o manipolarlo, ma può anche essere uno stratagemma (più o meno consapevole) per mantenere un legame stretto con la propria infanzia” e, forse, dar vita a nuovi immaginari che coinvolgono il paese d’origine e quello d’adozione. 
                                                                    (introduzione al volume di Camilla Cattarulla)

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